Nel corso dei secoli vengono costruiti a Calascibetta palazzi nobiliari, ma soprattutto chiese, ben 48, 34 nel perimetro urbano e 14 nelle campagne circostanti.
Le Chiese
Percorrendo la via Nazionale, a poche centinaia di metri dall’ingresso del paese, si trova la Chiesa di S. Antonio Abate, eretta nel 1409. Si giunge attraverso la via Roma alla piazza principale della città, piazza Umberto I, progettata nel ‘900 dell’architetto Spatrisano, attorno alla quale gravitano la maggior parte delle attività del centro.
Si staglia sulla centrale piazza la Chiesa di Maria SS. del Carmelo, costruita nel 1771 dai Carmelitani. La Chiesa, ad una sola navata, conserva sull’altare maggiore un gruppo marmoreo raffigurante l’Annunciazione di Gagini.
La Chiesa Madre, a tre navate, dedicata a S. Pietro e S. Maria Maggiore, fatta erigere nel 1340 nella parte più elevata del monte Xibet da Pietro II d’Aragona, presenta un ricco e pregiato patrimonio artistico e architettonico, l’attuale nucleo centrale, comprendente colonne in pietra locale, con basi e capitelli scolpiti con particolari tipici dell’arte catalana, ne costituiva l’antico corpo; la facciata fu ricostruita dopo il terremoto del 1693.
All’interno della Chiesa, in un armonico intreccio di pietra, marmo e stucco, è possibile ammirare un coro ligneo scolpito e un bassorilievo in marmo attribuito alla scuola del Gagini, entrambi del XVII sec., una Pala d’Altare del Gianforte del 1617, l’Assunzione di Maria Vergine, un fonte battesimale XVI sec..
In fondo alla via Giudea è ubicato il Convento dei Cappuccini dell’Ordine dei Frati Minori Francescani, la cui fondazione risale al 1589. La Chiesa, ad una sola navata con delle Cappelle laterali, custodisce una Pala d’Altare del 1610, raffigurante l’Adorazione dei Magi, di Filippo Paladini e, nella sacrestia, un tabernacolo ligneo del 1600.
A circa 3 km dal centro cittadino si trova la piccola Chiesa di Maria SS. del Buonriposo, sita nella omonima contrada, alla quale è legata una forte devozione popolare.
Parco Archeologico
Le caratteristiche geomorfologiche e le condizioni ambientali del territorio xibetano hanno favorito, sin dalla metà del III millennio a.C., la presenza di numerosi insediamenti umani, che consentono, per tipologie e quantità, di annoverare Calascibetta tra i più importanti bacini archeologici della Sicilia centrale. La straordinaria continuità abitativa, riscontrabile nei nuclei di aggrottati e proseguita fino all’alto medioevo, ha innescato, a partire dall’epoca bizantina, un ininterrotto riutilizzo degli aggrottati, rendendo problematica la lettura delle testimonianze storiche antecedenti.
La necropoli di Realmese presenta oltre trecento tombe a “grotticella” risalenti al periodo compreso tra il IX e l’VIII secolo a.C.. Le sepolture sono caratterizzate, nella maggior parte dei casi, da pianta non sempre regolare e da coperture a volta convessa tipica delle tombe a forno, benché siano documentati anche soffitti piani. Due le fasi principali di utilizzo della necropoli: la prima, di età protostorica, dalla metà del IX sec. a.C. alla prima metà del VII sec. a.C.); la seconda, di età arcaica, dalla metà del VII sec. al secondo quarto del VI secolo a.C.). Secondo l’archeologo Sebastiano Tusa, sembrerebbe che Realmese partecipasse di influssi calcidesi, giunti attraverso la valle del Dittaino, e rodio-cretesi risalenti il Salso.
L’abitato rupestre di vallone Canalotto si configura quale importante testimonianza dell’insediamento nel territorio xibetano di comunità cristiane nel corso del periodo della dominazione bizantina della Sicilia, durata dal 535 all’827 d.C. Il sito si compone di un nucleo principale di aggrottati, ubicato nella parte iniziale dell’eponimo vallone, i quali sfruttano un’insenatura naturale di roccia arenaria profonda circa trenta metri. Nell’ambito dello stesso sito si trovano, isolate dal nucleo principale, altre strutture rupestri ad uso religioso e civile. Le caratteristiche tipologiche che rendono il sito di vallone Canalotto unico nel vasto panorama degli insediamenti rupestri della Sicilia e dell’Italia meridionale, sono da ricondurre alla presenza di un maggior numero di ambienti a carattere religioso rispetto a quelli di uso civile.